Donare il sangue? Bastano 10 minuti che a noi salvano la vita

Alberto Cattelan, oltre ad essere talassemico, è anche presidente di un’associazione di pazienti: «La salvaguardia del valore della gratuità è la nostra garanzia di sopravvivenza»

 

Lì per lì non ci si pensa. E non per cattiveria, ma perché spesso non ci si rende bene conto di quanto quel tempo sia così prezioso per tanti. Quei 10 minutitanto dura la donazione di sangue. Bene, c’è qualcuno per cui quei 600 secondi equivalgono a giorni di vita: «Due settimane, il tempo che deve trascorrere tra una trasfusione e l’altra. Tanto mi regalano ogni volta i donatori. E per questo non posso fare altro che ringraziarli».

 

Sono le parole di Alberto Cattelan44 anni. Lavora e vive a Padova insieme alla moglie e alla figlia Gaia di 11 anni. Prima ancora di essere marito e padre, è talassemico dalla nascita: «Ho ricevuto la mia prima sacca che avevo appena 9 mesi, ma mi ritengo fortunato – racconta – I miei genitori si accorsero subito delle differenze con mia sorella gemella: ero molto pallido, iniziavo a non mangiare e il pediatra ipotizzò immediatamente una possibile talassemia che venne infatti riscontrata in ospedale. Da quel momento la mia terapia è sempre stata la stessa fino alle due sacche ogni 15 giorni che ricevo oggi». E la qualità della vita non ne risente. Oltre a lavorare regolarmente e a svolgere un po’ di attività fisica, Alberto è anche presidente di un’associazione di pazienti, l’AVLT (che sta per Associazione veneta per la lotta alla talassemia): «È stata fondata nel 1976 da Elio Zago, il papà di un bambino che aveva la mia stessa malattia. Ad oggi conta circa 200 iscritti più 7 componenti del consiglio direttivo che mi affiancano. La condizione di noi pazienti è cambiata molto nel corso degli anni – ricorda – quando venne istituita l’AVLT era un’epoca in cui i talassemici difficilmente superavano la maggiore età. Oggi per fortuna è diverso, la ricerca ha compiuto importanti passi in avanti e il merito è dei tanti donatori che ci permettono di curarci».

 

Alberto CattelanAlberto Cattelan

E il merito sta anche nel garantire scorte sufficienti a soddisfare il fabbisogno del territorio. Anche durante la pandemia, infatti, Alberto non ha mai visto in pericolo la propria terapia, «ma non posso dire lo stesso per tanti amici nella mia stessa situazione. La carenza di emocomponenti si fa sentire spesso in diverse zone del Paese e il Covid ha accentuato questo aspetto. La compensazione interregionale esiste, ma come associazione cerchiamo sempre di sensibilizzare il più possibile per avvicinare i giovani, i nuovi donatori che hanno bisogno di essere fidelizzati. La donazione non deve essere un evento spot ogni tanto, deve essere periodica e proprio questo è uno dei temi spesso al centro dei convegni e degli incontri che organizziamo». Alla base di tutto c’è la ricerca. Alberto lo sa ed è il motivo per cui, proprio attraverso l’associazione che presiede, promuove raccolte fondi destinate a sostenere studi sulla talassemia. Ma non solo: «In collaborazione con l’Università di Ferrara, nella fattispecie con il professor Roberto Gambari, direttore del Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare, stiamo collaborando per istituire il “Centro di ricerca Chiara Gemmo ed Elio Zago”. Si tratta di una struttura in cui ricercatori e clinici lavoreranno solo sulla talassemia per individuare nuovi percorsi di guarigione e contribuire a migliorare ancora la vita dei pazienti». Significativa, poi, la storia delle persone a cui verrà intitolato: «Chiara era una giovane ricercatrice venuta prematuramente a mancare – spiega – motivo che ha spinto familiari e amici a creare anche un’associazione in sua memoria per celebrare il suo impegno nella medicina, mentre Elio aveva fondato AVLT».

 

Quanto lo studio sia fondamentale, come dice Alberto, «lo abbiamo imparato sulla nostra pelle. Se non ci fosse la ricerca staremmo ancora a parlare di procedure antiquate e invasive. Ai donatori dico grazie e chiedo di non interrompere mai questa loro scelta solidale che deve necessariamente rimanere volontaria, periodica e gratuita. Il sangue non si fabbrica e non può essere ottenuto nemmeno pagando: mi capita troppo spesso di sentire discorsi strani in tale ambito, ma la salvaguardia del valore della gratuità è la nostra garanzia di sopravvivenza. In un anno solo io consumo circa 50 sacche – conclude – pensiamo a quanto sangue serva per coprire le necessità dei circa 7mila talassemici presenti in tutta Italia. Se non fosse per voi noi non saremmo qui».

 

LEGGI la testimonianza di Marco