Il sangue aiuta a prevedere l’andamento della meningite

Uno studio multicentrico italiano ha individuato la correlazione che c’è tra un biomarcatore della coagulazione e il rischio di evoluzione negativa dell’infezione

 

Tra le capacità del sangue c’è anche quella di riuscire a prevedere l’andamento di una delle infezioni più temibili: la meningite. È quanto emerge da uno studio multicentrico italiano pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Frontiers in Medicine secondo cui, attraverso un prelievo ematico, è possibile capire se una persona che è stata colpita da meningite batterica sia a rischio di complicanze o di morte

 

Quando si parla di meningite, si intende un’infiammazione acuta delle meningi, le membrane di rivestimento che avvolgono il cervello e il midollo spinale. Generalmente ha origine infettiva e può essere causata da virus, batteri o funghi. La più frequente è quella causata da virus, che di solito è meno grave. Più rara, ma molto più pericolosa, è quella di origine batterica. I ricercatori hanno individuato nel D-dimero, un prodotto di degradazione della fibrina (la proteina responsabile della formazione dei coaguli), il marcatore in grado di segnalare precocemente gli esiti della meningite batterica: un qualcosa verificabile, appunto, attraverso un semplice esame del sangue.

 

Lo studio ha coinvolto 270 pazienti ricoverati a Napoli e colpiti da meningite e infezioni del flusso sanguigno provocate da Pneumococco o Meningococco, con analisi del D-dimero entro le 24 ore successive al prelievo. Un suo valore al di sotto dei 500 ng/mL esclude complicazioni o eventuale decesso del paziente, mentre le cose cambiano drasticamente quando oltrepassa i 7000 ng/mL: per intenderci, il tasso di mortalità passerebbe dal 10% al 25%. Ecco perché, vista la sua estrema semplicità e rapidità di esecuzione,questo test può contribuire a individuare con grande anticipo i soggetti più a rischio.

 

Le meningiti di origine batterica, quelle a cui si fa generalmente riferimento benché più rare, sono tre:

 

  • Meningite da haemophilus influenzae B: colpiva principalmente i bambini, ma è stata debellata grazie al vaccino;
  • Meningite pneumococcica: colpisce giovanissimi e anziani, categorie che dovrebbero essere coperte con la vaccinazione;
  • Meningite meningococcica: colpisce la fascia d’età che va dai 20 ai 40 anni e può provocare focolai epidemici.

 

Dati ufficiali indicano che la mortalità per le forme batteriche, nel 10% dei casi, è dovuta in particolare al ritardo della diagnosi e delle terapie, motivo per cui la vaccinazione viene fortemente raccomandata insieme, ovviamente, all’esame del D-dimero.