Quando donare diventa una questione di famiglia

La storia arriva dalla provincia di Brescia dove un papà, nei giorni scorsi, ha accompagnato i suoi due figli a effettuare la prima donazione

 

È proprio il caso di dirlo: è una questione di famiglia. Sono passati pochi giorni da quando Elena e Marco Zagaria, di Lonato del Garda, in provincia di Brescia, hanno effettuato la loro prima donazione. Lo hanno fatto prendendo come esempio la figura a loro più vicina: il papà Rudy. È una storia semplicissima, ma carica di significato. La storia di chi, nonostante la giovane età, ha capito, grazie ai saggi e discreti insegnamenti di chi ha qualche anno in più, l’importanza di fare qualcosa per gli altri.

 

«Ho compiuto 18 anni da poco e sono al quinto anno di liceo linguistico – racconta Elena, la “piccola” di casa – Sono un’atleta agonista di karate, motivo per cui ho dovuto anticipare di qualche ora la mia prima donazione perché poi sarei dovuta andare agli allenamenti». La sua sensibilità e la sua predisposizione all’impegno sociale si riscontrano parola dopo parola, in particolare quando ci svela i suoi piani per il futuro: «Finita la scuola mi piacerebbe iscrivermi alla facoltà di Medicina – racconta – perché il mio sogno è la chirurgia». È stata lei a convincere il fratello Marco, più grande di quattro anni: «Ho sempre voluto donare, ma chiaramente quando nostro padre ha iniziato non potevo. Ero decisa però a cominciare nel momento in cui la carta d’identità me lo avrebbe concesso. Ho manifestato le mie intenzioni a mio fratello e quindi si è convinto anche lui». Lui che però qualche timore lo confessa: «Ammetto che ho aspettato perché l’idea dell’ago mi generava parecchia paura – spiega scherzosamente – e in realtà anche quando ho finito la seduta ho accusato qualche giramento di testa, ma niente di grave. Ho provato bellissime sensazioni ed è stato piacevole anche essere stati accolti dal personale sanitario che non solo mi ha assistito con estrema cortesia e professionalità, ma mi ha anche spiegato il percorso che compie il sangue una volta donato».

 

Marco ha 22 anni e studia Product Service System Design, una facoltà di progettazione pubblicitaria e marketing, al Politecnico di Milano. Insieme a Elena spiega quanto sia importante avere un genitore donatore (adesso stanno facendo opera di convincimento sulla mamma, che peraltro è infermiera nel reparto di Pediatria di Desenzano del Garda): «Nostro padre ci ha sempre raccontato quanto fosse prezioso compiere questo gesto – dice – ma senza mai forzarci o insistere. Quello che mi ha sempre colpito è il suo stato d’animo ogni volta che termina la raccolta: un sentimento di soddisfazione, quasi di orgoglio per aver dato il suo contributo anonimo e volontario per la salute del prossimoLe stesse sensazioni che ho provato anche io dopo la mia prima donazione dei giorni scorsi». Adesso toccherà anche a loro sensibilizzare amici e compagni di scuola e università: «Abbiamo già iniziato e qualcuno si è dimostrato interessato. Magari lo accompagneremo così da fargli coraggio».

 

papà Rudy, donatore dell’Avis Comunale di Lonato ora anche con i suoi figli, che ne pensa? «Sono orgoglioso di loro, ma come lo sono sempre stato. Ho lasciato Elena e Marco liberi di scegliere in autonomia il proprio percorso e lo stesso è avvenuto anche per la donazione – dice – l’unica cosa che ho fatto è stato descrivere loro quanto personalmente mi facesse sentire bene sentirmi utile per gli altri, tutto qui. Ho sempre voluto donare, ma per una serie di situazioni ho dovuto rinviare più volte: la mia prima volta è stata nel 2014. Credo sia importante farlo perché è anche un’ottima occasione per farsi controllare e tenere sott’occhio la propria salute».

 

La prossima “donazione di famiglia” è già in calendario? «Assolutamente sì – conclude – dovremmo farla poco prima di Natale».